Web Immagini Video Maps  Gmail
Accedi a  deberardis.it
Manuale del Direttore Dei Lavori  
 
 

Professione


Sulla responsabilità penale del direttore dei lavori

 

S. C. Cassazione III penale 1974/2002

La Suprema Corte di Cassazione III sez. penale, con la sentenza n. 1974 del 2002, del 22.10.2002, depositata il 17.12.2002, ( Pres. Toriello, rel. Squassoni, Pg. Di Zenpo, Avv. Salvemini) interviene a chiarire, ulteriormente, la disciplina prevista dalla L. 47/85, in merito alla responsabilità penale del direttore dei lavori, introducendo importanti elementi di riflessione e di ricerca scientifica
 

Prima di entrare nel merito della predetta sentenza è opportuno chiarire gli elementi caratterizzanti la responsabilità penale del direttore dei lavori e la tipologia di reato configurabile.

Prima dell’entrata in vigore della L. 47/85, quindi in vigore della L.1150/42, la dottrina si chiedeva se i reati edilizi fossero reati propri o reati comuni. Parte della stessa li riteneva, dalla lettera dell’art. 41 e 31 della L.1150/42, reati propri cioè reati che possono essere commessi solo da determinate persone, oppure da chi si trova in una determinata situazione o rivesta una determinata qualità. Altra parte, invece, li riteneva reati a soggettività ristretta.

Dopo l’introduzione della L. 10/77, si è invece ritenuto che i reati edilizi fossero comuni e non propri, visto che gli artt. 1 e 17 della L.10/77, non fanno riferimento a particolari soggetti.

Questa premessa appare opportuna al fine di identificare in merito a quale tipologia di reati la S.C., con la predetta sentenza, si è espressa in modo così chiaro per gli operatori del diritto e per gli addetti ai lavori tutti.

La S.C., nella predetta sentenza, prima di tutto ritiene essenziale chiarire quali siano i compiti e le connesse responsabilità penali del direttore dei lavori, definendolo “ professionista abilitato, incaricato dall’appaltatore o dal committente, che sovrintende alle opere, assumendo la responsabilità tecnica della loro esecuzione”.

Ai fini di una lettura ed analisi della pronuncia sopra richiamata, appare opportuno menzionare, per intero, l’art. 6 c.1. della L. 47/85 che stabilisce, “il titolare della concessione, il committente, sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché – unitamente al direttore dei lavori – a quelle della concessione ad edificare e alle modalità esecutive contenute nella medesima”

Da ciò deriva che il direttore dei lavori è tra i soggetti tenuti all’osservanza della conformità della edificazione alla concessione ed alle modalità esecutive stabilite nella medesima pertanto, secondo la Suprema Corte, il compito di controllo di tale soggetto, la cui violazione è sanzionata dall’art. 20 della L. 47/85, è limitato all’accertamento di un valido provvedimento concessorio ed al suo rispetto. 

Quest’ultima affermazione della S.C. contenuta nella sentenza 1974/2002 è sicuramente di enorme importanza poiché afferma come il direttore dei lavori debba verificare la validità del provvedimento concessorio, ovvero la potenzialità per il provvedimento stesso di esplicare, secondo legge, gli effetti ivi previsti, rilevando in tutte le ipotesi di non validità una (co) responsabilità penale diretta.

Da ultimo, il direttore dei lavori deve verificarne il rispetto da parte degli altri soggetti comunque interessati dall’efficacia del provvedimento. A questo proposito potrebbe apparire logico e scientificamente sostenibile, affermare che il direttore dei lavori è parte, ai fini della validità del provvedimento concessorio, con gli altri soggetti tra cui anche la P.A. Non solo, in merito all’obbligo del controllo o di garanzia del direttore dei lavori, degli effetti del provvedimento concessorio, compito questo derivante dall’art. 6 della l. 47/85, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 20 della L. 47/85 – edificazione senza concessione – è necessario che si verta in regime concessorio e non autorizzatorio. Pertanto si deve trattare di direzione di lavori assentibili con concessione e non con autorizzazione, laddove la figura dello stesso non è richiesta dalla legge, salvo il disposto dall’art. 2 della L. 1086/1971. Non solo la S.C. continua affermando che, in tutti i casi, per “ giungere alla conclusione che l’imputato sia responsabile del reato di edificazione senza concessione occorre dimostrare un suo effettivo contributo causale, di natura morale, alla commissione dell’illecito materialmente posto in essere da altra persona.”

Ora,questa affermazione illuminante per la dottrina, in merito alla responsabilità penale nei reati edilizi, introduce il limpido principio in base al quale il giudice di merito deve accertare, per tutti i soggetti previsti dall’art. 6, un effettivo contributo causale, di natura morale, alla commissione dell’illecito, penalmente perseguibile, materialmente posto in essere da altra persona.